Francesco Antonio Bocchi (1821-1888)

Nel duecentesimo anniversario della morte, pubblichiamo questa scheda per ricordarlo.

Francesco Antonio Bocchi è senza dubbio il maggior storico di Adria e del Polesine. Però si è dedicato anche ad altri ambiti, quello archeologico soprattutto, ma anche a quello geografico, religioso e letterario, come insegnante presso il locale Ginnasio.
Egli è vissuto in uno dei periodi più significativi della nostra storia nazionale, con il passaggio dalla dominazione austriaca alla formazione del Nuovo Stato Italiano. Un passaggio seguito da Francesco con grande passione patriottica, sebbene egli non abbia partecipato direttamente alle imprese risorgimentali. Ha espresso attenzione anche ai grandi disagi provocati dalle alluvioni – tremenda quella dell’Adige del 1882 – e ai problemi sociali, che negli anni dopo il 1880 esploderanno nelle dure lotte del “La boje”.
Figlio di Emilia Tretti e di Benvenuto Bocchi è nato il 12 maggio 1821 in una famiglia nobile e piuttosto tradizionalista. Nella sua casa era conservata la maggior parte dei documenti che formano l’attuale Archivio comunale antico di Adria. Nella stessa abitazione inoltre era stata realizzata la prima raccolta di reperti archeologici che, grazie soprattutto all’azione del nonno Francesco Girolamo (1748-1810), formavano quel “Domestico Museo” che è all’origine dell’attuale Museo Archeologico Nazionale.
Dai quattro volumi manoscritti dal titolo “Le mie confessioni” (ACAA b. 700) sappiamo che ha avuto un’educazione piuttosto rigida, prima in famiglia dal maestro Antonio Baruffaldi, severo ma “di corti vedute” poi tra il 1829 e il 1831, dal più esperto maestro Giovanni Scarpa, nella scuola pubblica. Ancora ragazzo dimostra una precoce passione per le recite teatrali, religiose e profane. Nutrirà sempre un grande interesse per il teatro, che seguirà assiduamente in città ma in modo particolare nella Padova dove viene inviato nel 1831 dal Padre a frequentare il collegio di don Benettello. Per lui è un periodo tranquillo. Poi nel 1837 passa all’Università per studiare Filosofia. Il mondo universitario incide sulla sua formazione, mettendolo a contatto con nuove letture, come “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” di Foscolo, opera che avrà un grande influsso nella sua vita; a volte sarà addirittura tentato dal suicidio, soprattutto quando le sue esperienze amorose troveranno ostacoli e rifiuti. Inizia nel 1839, infatti, il primo innamoramento, molto platonico, di Teresina Stoppato, che allora vedeva dalla finestra del suo appartamento, e con cui aveva solo un intenso scambio di sguardi amorosi, ma nulla di più. Incontrerà Teresina quaranta anni dopo quando lui era rimasto vedovo della adorata moglie Giacinta Campolongo. Non fu l’unico amore impossibile, perché lui nobile (conte lo chiamavano), lei popolare, ma anche quello successivo per Giulia Pagan, figlia del Commissario di Polizia di Adria. E’ stata per lui una passione forte e tormentata, che ha trovato ostacoli insuperabili nei suoi genitori, ma anche nell’atteggiamento ondivago di Giulia.
Con il fidanzamento e la preparazione del matrimonio nel 1846 con Giacinta terminano le Confessioni, un vero diario, ricco di episodi e di riflessioni sulla sua formazione: uno spaccato interessantissimo dei costumi ottocenteschi. Francesco si laurea in diritto, anche se non farà l’avvocato ma l’insegnante per 35 anni nel Ginnasio Vescovile fino al 1873 e Civico successivamente; è stato il primo insegnante laico e alla scuola ha dedicato non solo tempo ma grande dedizione, diventando un punto di riferimento nella stesura dei programmi e nella gestione culturale dell’Istituto.
Il matrimonio con Giacinta conferisce stabilità alla sua vita di marito e di padre di 6 figli. Ma anche di uomo pubblico: per vent’anni consigliere comunale di Adria, nel contesto dell’Italia unita, membro dell’Accademia dei Concordi, dell’Ateneo Veneto, della Deputazione di Storia Patria e di altre molte Accademie ed Atenei, Ispettore agli scavi e ai monumenti, socio dell’Istituto Filarmonico, fabbriciere della Cattedrale, Cavaliere della Corona, socio fondatore della “Società di Mutuo Soccorso fra gli operai adriesi”.
Tutti questi titoli e incarichi possono dare l’idea di un uomo serioso e un po’ noioso; niente di più sbagliato. In primo luogo per le diverse vicende amorose ampliamente raccontate nelle Confessioni e che si ricavano dal suo epistolario; arriva, infatti, a scrivere a una corrispondente “Ti parrà strano che io, dedito a studi sì aridi e positivi (almeno in apparenza), senta cotanto il fuoco dell’amore. Tant’è, Giulietta mia, i miei amori furono sempre divisi fra la scienza e la donna; del resto anche la scienza è di sesso muliebre, ma spero non ne sarai gelosa”.
Poi perché, consultando l’Archivio Antico, apprendiamo che era tra gli animatori della Società Filolitrica, una società di amanti del vino, e di Tuba maglia, una compagnia di estimatori della buona tavola. E molte sono le poesie, anche licenziose, composte per le più diverse feste, in cui amava cantare e ballare. Aveva del resto una bella voce e cantava pure in chiesa.
Però la sua fama non è dovuta a questi aspetti privati o “goderecci”, ma all’intensa attività di ricerca in cui ha profuso tutte le sue migliori energie arrivando a pubblicare oltre 70 libri, per non parlare degli scritti d’occasione. Ci sono poi i manoscritti rimasti inediti come la monumentale e maggiore sua opera, gli Annali Policinensi, sulla storia del Polesine. Oltre ai libri sono 50 le buste dell’archivio antico che testimoniano questo vastissimo lavoro di studio, fatto di innumerevoli manoscritti, di testi di sonetti per matrimoni e compleanni, di poesie e presentazioni di opere teatrali.
Francesco Antonio Bocchi ha comunicato con i più importanti studiosi del tempo, intervenendo su tanti temi, tenendo conferenze in molte città del Veneto. I suoi studi più significativi, però, sono quelli in ambito storico. Dal famoso e ristampato “Il Polesine di Rovigo” al “Trattato Geografico-economico”. Per non parlare delle sue ricerche in ambito ecclesiastico confluite nell’opera “Della sede episcopale di Adria”. E degli studi di archeologia, in cui il suo apporto è stato fondamentale, come nel testo “Sull’importanza di Adria antica la Veneta dimostrata dalle figuline del Museo Bocchi”. Si è occupato persino del folklore e del dialetto, traducendo una novella del Boccaccio in tanti dialetti diversi.
Francesco Antonio Bocchi è stato un appassionato cultore di storia patria proprio per l’amore che aveva per Adria, di cui arrivava a dire “I Romani lungi ancora dall’essere padroni del Basso Po, fecero di Adria lo scalo principale del loro commercio orientale, ed importante ne divenne il porto alla foce… ed io sono d’avviso che in qualche tempo nessuna città marittima d’Italia, nemmeno nell’Etruria propria, sia stata al pari di Adria Veneta celebre e possente sul mare”.
Una lezione importante ci viene da quest’uomo, che non è stato solo un uomo di studio ma un uomo impegnato nella sua città. Il suo studio era finalizzato a far in modo che la sua Adria fosse attiva e progredisse in tutti i campi. Da lui ci viene la consapevolezza che le radici del passato, della storia di questa città possono alimentare una crescita umana e civile; per cui ci possiamo sentire uniti a Francesco Antonio oltre il tempo e lo spazio, per costruire, con intelligenza e passione, un futuro migliore.

Una buona guida per conoscere il nostro grande concittadino è il testo “Francesco Antonio Bocchi e il suo tempo” ed. Minelliana, 1993, a cura di Antonio Lodo, che raccoglie gli Atti del convegno tenuto il 21-22 aprile 1990 a Adria, con introduzione di Federico Seneca e saggi di:
Antonio Lodo, F.A. Bocchi, l’uomo e lo studioso;
Giampietro Berti, L’opera storiografica di F.A. Bocchi;
Silvio Tramontin, La sede episcopale di Adria veneta e della sua non interrotta conservazione e
integrità, di F.A. Bocchi;
Chiara Gianeselli – Silvino Salgaro – Sandra Vantini, Il pensiero geografico di F.A. Bocchi tra
teoria e prassi;
Simonetta Bonomi, Gli scavi di F.A. Bocchi nell’abitato arcaico di Adria;
Enrico Zerbinati, Spunti di interesse archeologico nei mss. 452-453 di Francesco Antonio Bocchi nella Biblioteca Concordiana;
Lucia Sanesi Mastrocinque, Il Museo Archeologico Nazionale di Adria e la Collezione Bocchi;
Umberto Dallemulle, Visitatori illustri al Museo Bocchi tra Settecento e Ottocento;
Bruno Rigobello, F.A. Bocchi e la formazione dell’Archivio Antico di Adria;
Chiara Crepaldi – Paolo Rigoni, Spunti di Foklore nella pubblicistica di F.A. Bocchi;
Manlio Cortellazzo, Le versioni nei dialetti del Polesine di una novella del Boccaccio;
Antonio Lodo, Bibliografia delle opere edite di F. A. Bocchi.
Il volume contiene anche saggi sul Polesine e sul Veneto al tempo di F.A. Bocchi.

(Antonio Giolo)

Materiali di e su Francesco Antonio Bocchi sono disponibili on-line sui seguenti siti:

Nuova Biblioteca Manoscritta: lettere presenti nelle biblioteche venete;

Biblioteca del Seminario vescovile di Rovigo: digitalizzazione dell’opera “Il Polesine di Rovigo”;

Archivio dei possessori: scheda su Francesco Antonio Bocchi.